cielo di piombo

Il giorno era freddo e l'erba gelata scricchiolava sotto i piedi di Tim, mentre attraversava il campo incolto fino ad una serie di prefabbricati dall'aria spettrale. Tutta la parte bassa del muro era ricoperta di graffiti, di vari colori e dimensioni, recanti scritte, disegni, tag, dediche, promesse di amore eterno, amore che in genere si esauriva molto prima del previsto. Tim si fermò ad un paio di metri di distanza, per contemplare la scena. Portava un cappello che gli nascondeva parzialmente il viso, una giacca grigia, jeans strappati con il cavallo molto basso, una catena spessa attaccata alla cintura borchiata e aveva lo sguardo truce. Gli occhi grigi indugiarono sui bellissimi graffiti del suo migliore amico, Matt, e si soffermarono sulla scritta che Tim aveva fatto solo poche settimane prima, "Elly sei la mia vita". Si avvicinò con decisione e con la bomboletta nera che aveva in mano cambiò la scritta in "Elly sei una t***a". Provò un senso di soddisfazione mentre un sorriso gli si dipingeva in faccia, si sedette sulle scale antincendio com'era solito fare e diede un sorso alla sua birra. Le nuvole basse e la nebbia impedivano la vista del sole che ormai doveva essere alto. Dopo pochi minuti, una figura avanzava nel campo verso di lui, un ragazzo alto, riconoscibile da una cresta nera lucente, vestiti attillati, alcuni piercing e tante borchie. Era Matt, ma gli altri ragazzi della "crew" preferivano chiamarlo più affettuosamente "Il Ba****do Barbone". Alzò una mano per salutare l'amico, che gli rispose con un cenno del capo. Giunto di fronte al muro, scoppiò in una sua tipica risata sguaiata, guardò l'amico e gli disse
-Beh, non si può certo dire che ti sia risparmiato, eh? comunque hai ragione. Hai fatto bene a mollarla. Poi un giorno faremo una scritta come si deve. E le faremo si che non osi più avvicinarsi alla crew.-
per tutta risposta Tim diede un altro sorso e abbassò lo sguardo. Notò allora l'ennesimo taglio sul polso sinistro di Matt accanto ai lividi dell'ultima scazzottata, della sera precedente.

Non esisteva una serata senza risse. Un giorno che il sole gli toccasse il viso. Una mattina tranquilla e serena. Nel suo animo, Tim era una persona chiusa e fredda, evidentemente cambiato per le continue incomprensioni e i giudizi dati da persone che non hanno niente di meglio da fare nella loro vita.
Così era cresciuto. Nella falsità di persone che non meritano nulla. Per questo aveva imparato a difendersi e a pensare al meglio per lui e alle poche persone di cui si fidava: i membri della crew. Erano, possiamo dire, una delle poche cose che lo faceveno andare avanti. Le poche persone che lo capivano veramente, se non le uniche, per lui, insomma, le migliori.
Non temeva di essere giudicato per quello che non era , perchè loro erano persone vere, persone che non ti lasciano solo se ti perdi in quelle strade grigie e senza fine dei tuoi pensieri più bastardi e meschini.
Loro erano sempre lì. Lui lo sapeva.
Nessuno deve essere giudicato solo perchè vuole essere se stesso.

Un leggero fruscio riscosse Tim dai suoi pensieri. Proveniva dal campo alla sua destra. Svogliatamente alzò lo sguardo per vedere chi stava arrivando, preparandosi mentalmente a fare a pugni in caso fosse qualcuno di indesiderato. Non fu necessario. A pochi metri da loro camminava una ragazza, l’erba le arrivava fino alle ginocchia e il vento le agitava i capelli raccolti in un’ordinatissima coda di cavallo. Matt osservava il muro coperto dai graffiti, meditando su quale dei pochi spazi vuoti dovesse spruzzare la vernice nera della sua bomboletta e sembrava non essersi accorto della ragazza. Nel frattempo lei era giunta ai piedi della scala e si era voltata per osservare a sua volta i graffiti, con un'espressione indecifrabile. Dopo qualche secondo si voltò scuotendo la testa. Tim, che l’aveva osservata fino a quel momento, stava per risponderle a tono, ma si trattenne. Non ne aveva motivo. Era lei ad avere ragione. La osservò portarsi una mano sul capo e sciogliere la coda, riversando una disordinata cascata color miele sulle sue spalle. Sorrise interiormente del suo aspetto, immaginando come doveva essere pochi attimi prima, forse al pranzo di famiglia, con la camicia dentro alla gonna, le maniche della camicia abbottonate strette ai polsi e le calze tirate su fino al ginocchio. Solo in quel momento si accorse delle sue braccia e nel farlo gli venne un tuffo al cuore. Erano completamente ricoperte di lividi. Lei doveva averlo notato perché fece una smorfia.
-Non ti agitare, ho solo fatto a pugni. A volte capita anche a noi.- salì qualche gradino della scala e si sedette su quello sotto a Tim. Si voltò verso di lui e, prima che il ragazzo avesse il tempo di portargliela via, afferrò la sua bottiglia di birra e ne vuotò metà.
-Prima fai a botte, poi bevi birra, chi sei e che cosa hai fatto alla nostra Lilian?-scherzò Matt, ma lei non colse l’ironia.
-Sta’ zitto- si voltò nuovamente verso Tim, il ragazzo intuiva cosa stava per dirle e la cosa non gli piaceva per niente.
-Siamo in un bel casino.

merda, pensò Tim. Merda, merda, merda. -é per la roba della settimana scorsa, vero?-
La ragazza annuì. -Ho sentito mio padre che parlava al telefono con il suo capo. Credono che siate stati voi. L'ho sentito, quel figlio di p*****a. E tutti sappiamo chi c'è dietro. Quella t***a della tua ex ragazza. Io la ammazzo. é stata lei, ne sono sicura, è andata a spifferare un sacco di balle alla pula.-
matt si voltò. -Io se avessi la cocaina la consumerei tutta da solo, non andrei a distribuirla in giro, dovrebbero averlo imparato ormai-
Tim sorrise. Matt era l'unico a farlo sorridere, in certe situazioni. erano in un bel casino. La settimana prima era stato arrestato un ragazzo per spaccio di droga. E, in stato ancora confusionale, aveva fatto i nomi delle persone da cui l'aveva presa. Purtroppo, i nomi sbagliati. Ma tutti sapevano che non si trattava di un semplice errore.

-Comunque-aggiunse-nessuno ti ha mandato a pomiciare con Luke ieri sera, Lilian-più indifferente che mai glielo ricordò.
-Ma no, cretino-disse lei tirandogli un pugno sulla spalla-Luke non centra.
Si sentì una risata
-C'è anche altro...-disse lei.
-Cosa c'è, allora?-intervenne Matt da dietro la colonna.
Lilian si alzò e avanzò di fronte a Tim che era sempre perso con lo sguardo su di un punto indefinito, aveva un'espressione come di scuse e ancora non parlò, abbassò la testa.
-Cos'è successo, Lilian?-Insistette Tim, ormai tornato sulla terra.
La ragazza sospirò.
-Tim...Tim...è tornato...
-Chi? C***o, parla per favore...-disse con rabbia.
-Geo...George...
Dentro di Tim crescette ancora di più il suo sentimento di rabbia. Anche Matt sobbalzò.
-Quindi...gli...gli sharks...-continuò lei.
Tim alzò la mano per farla tacere. Si alzò e si mise a osservare il grande prato davanti a se.
Si perse di nuovo nei suoi pensieri.
Gli Sharks e la Crew, come l'acqua e il fuoco. Il diavolo e l'acqua santa. Due stili diversi, come il loro stesso modo di pensare.
No, non sarebbe successo di nuovo.

-Nooooo!!!!

Tim strinse forte i pugni per non ricordare, no, non sarebbe successo ancora. Ma le immagini si facevano largo impertinenti nella sua mente, senza permettergli di sfuggire.

Urla, grida, lacrime. Il vento soffiava gelido pungendo la pelle come centinaia di aghi.

No! Non succederà di nuovo!

Alcune moto stavano riversate a terra, sulla strada, senza alcun riguardo. Anche allora i suoi pugni erano stretti, tanto stretti che sentiva le unghie ferirgli i palmi. Ma non era il momento delle lacrime, per quello c'era ancora tempo.
Di scatto dischiuse le dita e alzò il capo. I suoi gelidi occhi verdi lo guardavano derisori, le labbra piegate in un ghigno quasi soddisfatto.

Gli sharks se n'erano andati dopo una furibonda lotta contro la crew, molti erano stati conciati male dagli sharks, ma per l'intervento della pula alcuni degli sharks erano stai acciuffati e gli altri se n'erano fuggiti, naturalmente c'erano voluti molti soldi per far intervenire la pula dalla loro parte, il loro capitano chiedeva ormai sempre di più, approfittando della situazione di conflitto tra le due gang. Con quei soldi Tim avrebbe bevuto una settimana, e Tim non scherza con la birra. Fatto sta che dopo quasi un anno gli sharks erano tornati, e di sicuro per vendicarsi sulla crew, che ultimamente stava passando un brutto periodo. Due in una settimana se n'erano andati a causa della roba, overdose, altri tre erano stati acciuffati dalla pula e glia ltri erano in conflitto tra loro. Non era uno dei momenti migliori della gang

Matt si sedette accanto a Tim, Lilian anche. Era strano vederli tutti e tre stretti sul gradino, una ragazza vestita per bene, un ragazzo con l'espressione mesta e una bottiglia di birra in mano, un altro ragazzo di quelli che spaventavano i bimbi dell'asilo, di quelli che la gente evitava quando lo vedeva per strada. Ma a Matt non gliene fregava del mondo, della gente, delle opinioni. Lui viveva il mondo in un modo unico, vedeva l'arte e la perfezione nelle cose più strane, le dipingeva sui muri della città.
Tim diede un sorso alla sua birra. Lilian si guardò le unghie. Un uccello da lontano cantò.
-perchè sono tornati?-
-vaglielo a chiedere-
-ma George non l'avevano messo dentro?-
-a quanto pare è uscito-
-è uscito un mese fa-
-perchè non ce l'hai detto?-
Tim guardò il cielo. -me...l'aveva detto..lei..-
i tre tornarono a guardare di fronte a sè.
-e gli altri?-
-e gli altri boh-
-e a Emma? chi glielo dice a Emma?-
Emma era stata la ragazza di Neil, per ben due anni. Poi Niel era morto, un incidente in moto, aveva detto la polizia ai suoi genitori, poi aveva archiviato l'incidente. Poi c'era stato il funerale. Erano venuti tutti gli amici di Neil, Emma, Tim, Matt, Lilian e gli altri, c'era stata tanta tristezza. Ma fuori dal cimitero, alcuni ragazzi vestiti di nero, giubbotti di pelle, con delle moto da corsa, erano rimasti ad osservare. Quando Tim gli aveva visti, dovette essere trattenuto da molti, perchè era furibondo, urlava, e gli avrebbe attaccati. Alcuni si erano stupiti della scenata, ma altri avevano capito fin troppo bene, ed avevano taciuto. La verità era passata sotto l'attenzione generale, non era stata sussurrata che poche volte, ma l'odio tra le due crew non si rimarginava.

Erano stati loro gli Sharks, avevao ucciso uno di loro, avevano ucciso Neil.

Era successo tutto in fretta, troppo in fretta. I membri delle due Crew erano schierati gli uni contro gli altri in quella strada di periferia. Era cominciato tutto quando gli Sharks erano andati alla pula e avevano fatto il nome di Tim: avevano deto che era uno spacciatore e che era lui il capo del giro di droga che avevano da poco scoperto. Naturalmente niente di tutto questo era vero, era George lo spacciatore e quando la pula lo aveva scoperto lui era finito dritto in prigione. Gli Sharks volevano vendicarsi ed ora erano lì e stava per accadere il finimondo. All'improvviso cominciarono a partire icolpi di pistola da ogni parte. Un urlo squarciò l'aria. Un corpo cadde a terra. Neil saguinava e non si muoveva più. Era morto.

Ora però, Tim capiva molte cose. Eleanor, la sua ragazza, l'aveva lasciato, l'aveva sputtanato, l'aveva messo nei pasticci, se n'era andata senza una parola di più che non fosse un insulto. Si erano messi assieme poco dopo che gli sharks se n'erano andati, ed ora che erano tornati lei era ritornata da loro. Ora george era di nuovo in giro, aveva già ricominciato il traffico di droga, aveva già tentato di far ricadere la colpa sulla crew. il periodo di pace durato poco più di un anno era finito. La crew doveva vendicare neil, era una questione di orgoglio, di onore, di vita.
Il pomeriggio avanzava ventoso, quando dal campo emersero nuove figure.
Luke camminava ridendo, la frangia davanti agli occhi e una piccola cresta, una felpa troppo larga per lui, lo zaino sulla schiena. Gregory rideva con lui, jeans e maglietta strappati. Accanto a loro, con lo sguardo pensoso, Sharon, che tutti chiamavano memory. Aveva i capelli castani liscissmi e un trucco sempre pesante. I tre ragazzi raggiunsero presto il gruppetto sulle scale, si salutarono e fecero i cretini un momento. Più tardi ne arrivarono altri, e ltri ancora: la gran parte della band era riunita.
-si ricomincia raga...sono tornati gli sharks...-
quella notte si rise, si urlò, si bevve, si fumò, ci si prese a cazzotti, ci si baciò, si ritornò alla cosuetudine.

Ma anche dopo una notte di felicità l'alba riportò le nuvole negli animi dei ragazzi.
Si trovavano ancora tutti nel campo, chi stanco per la notte insonne, chi ancora leggermente ubiraco, chi semlpicemente allegro.
Ma come tutto, non sarebbe durato molto. Presto gli Sharks gli avrebbero trovati, gliel'avrebbero fatta pagare. E nessuno immaginava lontanamente quanto.

tim si svegliò intorpidito, aveva bevuto tanto la sera prima e ora la testa sli scoppiava, decise di andare a fare un giro, l'aria fresca del mattino lo avrebbe di sicuro svegliato un po', in più aveva un gran bisogno di pensare. Mentre camminava per le strade deserte sentì una voce, una voce a lui molto nota, si avvicinò al vicolo da cui proveniva e senza farsi vedere si mise ad origliare:
-dobbiamo fare qualcosa, non può finire come l'ultima volta, siamo dovuti scapare come dei f*****i conigli, dobbiamo rovinarli qui b******i !!
-voi siete dovuti scappare, io sono finito dritto in prigione e fidati non è stata una gran bella vacanza, comunque sono daccordo dobbiamo fargli vedere chi comanda soprattutto a Tim. La vita qui sta per cambiare e questa volta non andrà tutto come vogliono loro, la pula è dalla nostra, ho pagato profumatamente il commissario e non ci tradirà
Tim sentì George ridere sguaiatamente e capì che questa volta non se la sarebbero cavata facilmente.
Corse dalla Crew doveva assolutamente dire tutto a Matt e Lilian.

Tim corse più che potè, ma aveva appena mosso qualche passo di corsa che si ritrovò la strada sbarrata.
-Ma guarda un po' chi c'è qui... E dimmi, dove crederesti di andare?

-togliti dai piedi.
-ragazzi, venite.
-stron*o, togliti.
Tim si ritrovò circondato da quattro ragazzi dall'aria minacciosa, uno particolarmente corpulento. Si gurdò intorno, la strada era deserta. Era fottuto, ma non provava paura, solo odio.
-niente paura, stron*etto. Abbiamo solo pensato che fosse meglio avvisarti. Siamo tornati, e non saremo affatto gentili, non ve lo meritate. Vi faremo a pezzi. è una promessa.
Il ragazzo che aveva parlato, con i capelli neri, sporchi, si avvicinò a Tim tanto da sfiorarlo. Poteva sentire il suo alito, puzzava di fumo.
-Non vorrai certo finire come il tuo amichetto- gli sussurrò- Vedi, il suo problema è stato che ficcava troppo il naso dove non doveva. Ora vattene.
Tim lo guardò negli occhi, cercando di trasmettere al ragazzo che gli stava di fronte tutto l'odio che poteva, le mani gli fremevano, ma il suo respiro era regolare.-Non hai certo il coraggio di fare a botte alla luce del giorno, vero?
Per tutta risposta gli arrivò un pugno sul naso. Con gli occhi che gli lacrimavano per il dolore, Tim si allontanò mentre i suoi nemici ridevano, lo sfottevano. L'odio puro scorreva nelle sue vene.
Le nuvole erano ancora basse.

Tim camminò per diversi chilometri, con il volto ancora dolorante e gli occhi che bruciavano per le lacrime. Non andò a cercare nessuno degli altri membri della Crew, non gli andava che lo vedessero in quello stato, l'ultima cosa che voleva era essere compatito. Camminò senza una meta, verso il luogo in cui il verde dei campi si fondeva con il grigio delle nuvole.

Nel frattempo Matt e Lilian stavano ancora seduti nell'erba, appoggiati alla scala antincendio. Era più di dodici ore che non tornavano a casa e nessuno dei due ne aveva la benchè minima intenzione. Piuttosto che andare in quel posto che nessuno dei due considerava veramente una casa preferivano restare in quello che agli occhi degli altri sembrava un qualsiasi campo, appoggiati a una qualsiasi scala.
Nessuno dei due parlava. Non avevano nuove cose da dirsi, nuovi pensieri da confidarsi, appoggiare i gomiti alle ginocchia e premersi le dita sulle tempie per cercare di alleviare il mal di testa sembrava molto più utile. Ad un certo punto Lilian si mosse da quella posizione e, con la voce lievemente roca, chiamò Matt.
-Pensi che Tim sia andato a casa?- gli chiese stanca. Il ragazzo alzò a sua volta il capo e la fissò inespressivo.
-Non saprei- rispose -lo spero...
-Se se ne fosse andato ce l'avrebbe detto no? Ci avrebbe salutati...- continuò lei, ora leggermente preoccupata.
-Ma dove vuoi che sia andato?
-Non ne ho idea, ed è appunto questo che mi preoccupa... se fosse solo andato a fare un giro ora sarebbe di ritorno.
-Tu ti preoccupi troppo...conosco Tim da tutta la vita e posso assicurarti che se la sa cavare benissimo, quindi non agitarti- cercò di tranquillizzarla. Lei si lasciò scivolare ancora di più nell'erba e si riprese la testa tra le mani.
-Continuo ad avere uno strano presentimento...

Tim si trovò in un grandissimo prato, al centro del prato c'era un enorme quercia, doveva avere almeno 100 anni. Si sedette e cominciò a pansare a tutto quello che gli era successo. Doveva dirlo a Lilian e Matt, ma ora non ne aveva voglia era troppo stanco. Cominciò a guardare il cielo, uno stormo di rondini passò sopra la sua testa, stava arrivando la primavera.
Decise di restare ancora lì per un po', poco dopo si addormentò.

Fu un sonno agitato, dove dolorosi ricordi della sua vita passata si mescolarono a cupe fantasie. Malgrado fosse già quasi primavera l'aria era ancora fredda e pungente, quindi nel tormento dei sogni fu spesso percorso da birvidi di freddo. Nonostante ciò dormì indisturbato per parecchie ore.

Sharon stava appoggiata alla ringhiera che separava le scuole elementari dal resto del mondo, osservando i pargoli che correvano, urlavano, scherzavano, litigavano, ritornavano amici dopo un minuto o due. Alcuni bambini giocavano a calcio, altri si rincorrevano, un gruppetto di bambine stava appartato in un mondo lontano. Giocando con i capelli castani, annoiata, Sharon aspettava pazientemente che suonasse la campanella, doveva dare le chiavi di casa al suo fratellino; un favore che non aveva saputo negare alla madre, con la quale tutto sommato aveva un buon rapporto. Chiuse gli occhi, inspirò il calore e il profumo primaverile dell'aria, si ritrovò sola con se stessa, in quello stesso cortile di nove anni fa. Allora era autunno, e faceva freddo. Il vento soffiava e il cielo era grigio. Un uomo, con un giaccone marrone. Un pallone abbandonato. Il vento. Le mani dell'uomo. Brutti ricordi. Un brivido la percorse e lei ritornò al presente, mentre una campana suonava, in lontananza. I bambini correvano fuori dai cancelli, abbracciati dalle mamme, salutando gli amici. Il fratello di haron le venne incontro con la bici, prese le chai e scappò con un amico. Sharon prese la strada per la periferia.

Sharon camminò velocemente, senza pensare dove stava andando, osservando le sue scarpe da ginnastica muovere un passo dopo l'altro. I ricordi di quel giorno d'autunno si facevano sempre più insistenti nella sua memoria, nonostante lei cercasse con tutte le sue forze di scacciarli. Chiuse gli occhi, non voleva vedere, non doveva vedere. Voleva solo dimenticare.
Subito dopo li riaprì e si accorse di essere arrivata all'ingresso di un vicolo, un vicolo che conosceva troppo bene, il vicolo dove di sicuro avrebbe dimenticato. Ma non doveva tornare in quel vicolo, uscirci era stato faticoso e non voleva rientrarci ancora.
Farò attenzione si disse.
Mosse cautamente qualche passo, addentrandosi sempre di più nell'oscurità.
Voglio solo vedere, è solo per curiosità cercò ancora di rassicurarsi.
Si addentrò sempre di più tra le due pareti di mattoni scuri, fino ad arrivare alla fine, di fronte ad un alto recinto in ferro. Il vicolo era deserto e Sharon tirò un sospiro di sollievo. Si voltò velocemente per tornare indietro, ma trovò la strada sbarrata.
-Ciao Sharon. Vedo che sei di nuovo qui, ti serve qualcosa?
Anche se non lo vedeva in faccia, Sharon sapeva che quella voce che aveva sussurrato così dolcemente quelle parole poteva appartenere solo ad una persona. E sapeva anche che cos'era quel "qualcosa" che le stava offrendo.
-No George- ribattè decisa -ci sono altri modi per superare i problemi, dovresti impararlo anche tu.
-Però anche tu sei qui... proprio come me...- nel sussurrare tali parole aveva infilato una mano in tasca e ne aveva estratto un piccolo sacchetto contenente una sostanza bianca. Sharon fissò quel sacchetto. Ne sarebbe bastato poco, sarebbe bastato intingerne appena appena le dita e avrebbe dimenticato tutto. Sarebbe stata meglio...
No si disse. Non sarebbe affatto stata meglio. Ma non ne era del tutto convinta... Con le mani che tremavano e gli occhi umidi guardò verso l'imbocco del vicolo, dove la luce del sole cercava di farsi strada. Pensò a Tim, Matt, Lilian e tutti i ragazzi della Crew.
Poi spostò lo sguardo verso il sacchetto nelle mani di George.
-Sarà il nostro piccolo segreto... Lo sai che non ho mai detto niente....
Sharon tremava sempre di più, indecisa.

Quella poteva essere la sua via d'uscita, la più facile ma pur sempre una via d'uscita. Tentennò, ma alla fine accettò quella polvere che le avrebbe fatto dimenticare tante sofferenze. La prese e scappò, sapeva che non doveva farlo, non doveva prenderla, ma la dipendenza era stata più forte di lei. Non sarebbe mai riuscita ad uscire da quel tipo di vita, che assomigliava troppo ad un lungo incubo. Corse fino a quado le sue gambe non la abbandonarono. Cadde, no si rialzò. Stava sbagliando e lo sapeva, se lo avessero scoperto quelli della crew sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, lei, una di loro, si riforniva da George, l'assassino di Neil, il suo migliore amico,il suo passato amore.

Matt attraversò il campo fino ad arrivare a quell'albero enorme.
-Sei un bastar*o!!!
Tim rise, rise di cuore. -no, sei tu il bastar*o, un barbone bastar*o...
-ti ho cercato per ore
-Io ho corso per ore invece...
-che hai fatto al viso?
Tim si strofinò il naso, sentì un leggero dolore. -niente...senti...
Inspirò fortemente. - si ricomincia. Per davvero.
-hanno fatto la dichiarazione di guerra??
-già. come l'altra volta.
-che noia.
-già.
-che si fa?
-dobbiamo avvertire gli altri
-perchè non mi hai mandato un messaggio?
-caz*o, non c'ho soldi, lo sai...
-sei più barbone di me
-lo so
Matt tirò fuori dalla tasca il cellulare e cominciò a scrivere all'impazzata. -O...Lo avvertiamo Decco??
-certo che si!!! è l'unico che abbiamo che ci può aiutare a difenderci per davvero..
-come vuoi...
-guarda, se vuoi anche tu un buco in testa..fai pure a meno...ma credi che quei figli di putta*a vadano in giro senza armi???

Matt mandò il messaggio e ritornò a parlare con Tim
-Cosa hai fatto allora al naso?
-sono stati loro- disse semplicemente
-allora ti è andata bene che il buco nella testa non te lo sia trovato tu...
-già, ma sai cosa...
-che c'è?
- Non ho saputo resistere all'impulso di tirare un ceffone a quel cafone...
-...e lui ha reagito.
-esatto
-sei sempre a cercarti guai! E poi dici che sono io che cerco il buco in testa...
-stt! Sento arrivare qualcuno...
infatti dei passi si sentivano dietro di loro e loro non vedevano, perchè girati, di chi fossero
-sarà lilian... disse Matt, ma in realtà non era lei, anche se ancora non lo sapevano, avevano visite...