Storia numero 5 - Leonard Jocenrider

Aveva 27 anni o forse poco più, capelli castani spettinati cresciuti nel tempo e mai più tagliati, e occhi spenti velati di storie che nessuno gli aveva mai chiesto di raccontare. Una era la sua.
Una cicatrice sulla guancia gli ricordava di non essere il migliore, mentre contemplava il proprio volto sulle foto segnaletiche sparse per la città. Quella città in cui non tornava da troppo tempo, da quando uno scherzo del destino aveva fatto di lui ciò che era.
Un assassino.
Il suo nome era Leonard Jocenrider. Ma chiunque l'avesse conosciuto prima che diventasse un'ombra, lo ricordava ancora come Leon.

Il suo primo lavoro gli era stato assegnato a quindici anni. -Un lavoro di cui andar fieri-. Gli aveva detto Macros, quando glielo aveva assegnato. Ora, mentre passava in rassegna ogni casa di quel paese, si ricordava con dispiacere quanto avesse creduto nelle parole dell'uomo che gli aveva cambiato la vita.
-Devi sapere Leon, che uccidere è un'arte. La morte è la mia gloria e la voglio far diventare tua. Tu... sei speciale, non dimenticarlo-.
Si era fatto lodare, si era fatto riempire di menzogne, fino ad uccidere il suo stesso padre.

-Non era il cuore, non era il cuore, tralalalalla,tralallalero, non le bastava quell'orrore, voleva un'altra prova del suo cieco amore...-canticchiava quest'allegra canzoncina mentre affilava il suo pugnale seduto su una pietra poco distante dal mare.
La salsedine che toccava le sue labbra aveva un buon sapore. Se la gustò una, due, tre volte e poi si alzò, fece roteare il suo pugnale in una mano e lo rimise apposto. Il mare era l'unica cosa bella di quel posto per lui ormai. Preferiva rimanere lì che camminare per quelle vie lugubri e spente. Si guardò un pò intorno. Nessuno, nessuno passava o aveva intenzione di passare. Ne fu molto felice.
Un suo manifesto lo raggiunse fin lì. Lo notò e lo prese distrattamente. Lo contemplò per un pò, dopo esclamò:-Non sono venuto male dopotutto...
Poi fu solo un battito di ciglio. Il foglio era in mille frammenti e il pugnale era già sazio ed era tornato al suo posto.

il vento portò via i frammenti del foglio che si allontanarono, ondeggiando nel cielo.
Il vento era sempre stato la sua guida, la sua bussola personale. Ed il vento soffiava ad Est, perciò si diresse ad Est, si diresse verso la sua storia, si diresse verso il luogo ove tutto era cominciato, dove i suoi ricordi erano ancora impressi nell'aria dell'Est. Un passo indietro nel passato.
Aveva ancora dei conti in sospeso, gli avrebbe saldati e avrebbe punito chi aveva rovinato la sua esistenza.
Perciò sotto il consiglio del vento, si diresse verso l'alba.

- Che hai fatto, Leon? - la donna cammina avanti e indietro per la stanza, cercando di trattenere le lacrime - Che hai fatto?
- Io l'ho fatto per te.
- Per me? Leon, ti avevo detto di non immischiarti... - scuote la testa - Perchè...?
Leon le afferra le mani, bloccandola di fronte a sé - L'ho fatto per te, Rina. Lo capisci questo? Io volevo proteggerti!
Lei distoglie lo sguardo - Non valeva la pena di proteggermi a questo prezzo.
- Non è stato un prezzo troppo alto.
- Ma era tuo padre...
- E ti avrebbe uccisa! Tu sei tutto per me, Rina! Una madre, una sorella, un'amica...io non volevo perderti! - si appoggia al suo petto, macchiandole il vestito con il sangue che ha sul viso- Io non potevo perderti...
La donna gli accarezza una guancia - Sei ancora un ragazzino, Leon. Non puoi capire.
- Capire cosa?
Rina si china per guardarlo negli occhi. - So che pensavi di fare bene, ma uccidere è sbagliato. Sempre. E tu non devi farlo mai più. Promettimelo, Leon.
- Io...
- Leon, ti prego. Me lo prometti?
Leonard annuisce, e si asciuga sui pantaloni le mani ancora sporche di quel sangue non suo. - Te lo prometto.

Non mantenne quella promessa

Erano passate ormai alcune settimane dalla promessa fatta a Rina. Lei si era finalmente convinta del mutamento che Leon le aveva "giurato" di fare. Ma non era così. Leon era ancora convinto in cuor suo che non avrebbe dato una svolta decisiva alla sua vita fino a quando anche l'ultimo dei suoi aguzzini non sarebbe morto. Aspettò che Rina si fosse addormentata e scivolò giù dal letto. Si vestì, prese il pugnale e, facendo attenzione a non fare rumore per non svegliare la ragazza, uscì di casa chiudendo silenziosamente la porta. La notte era ancora giovane. Aveva tutto il tempo di finire il suo lavoretto. Passò davanti a quelle case che ormai conosceva bene e svoltò l'angolo. La notte della rivincita era giunta. La notte in cui l'avrebbe fatta pagare anche all'ultimo dei suoi nemici.

Camminò nel buio della notte fino a che arrivò davanti ad una casa lussuosa e scavalcò il cancello per entrare. Staccò l'allarme e entrò nell'abitazione rompendo un vetro. Provava quasi gusto per il sapore della vendetta. Salì le scale e si diresse verso la stanza della sua vittima. La trovò intenta a dormire in camicia da notte, era una donna il suo obiettivo, lentamente le si avvicinò e poi con un colpo secco le serrò la bocca con una stretta vigorosa. La vittima si svegliò con il terrore negli occhi e osservò sconvolta il viso di chi la tratteneva. Lui le accarezzò i capelli con l'altra mano e la imbavagliò, poi le legò le mani e i piedi, per non farla fuggire. Voleva farla soffrire prima di ucciderla e, con il pugnale in bocca, le accarezzò la coscia, calcolando quali troture compierle.

-Kassandra...Kassandra che succede?
Una voce proveniva da fuori, da una stanza di sotto. Leon si alzò lentamente e si diresse verso la porta bianca. Una ragazza molto giovane saliva le rampe di scale. Aveva un viso candido circondato lunghi capelli corvini, vestita con una gonna nera e gambe coperte fino alle ginocchia da fasciature. Portava una canottiera anch'essa nera con sotto una maglia a maniche corte viola e, sul braccio destro, un'altra piccola fasciatura. Portava un guanto nero. Era armata. Leon vide due pugnali:uno sulla gamba sinistra, l'altro sulla cinta.
La osservò salire le scale. Era sicuro che fosse la sua guardia del corpo, ma per la prima volta, non aveva intenzione di uccidere qualcuno. Rimise il pugnale al suo posto, slegò Kassandra e si arrampicò sopra l'armadio.
-Ti non consiglio di non parlare Kassandra se non vuoi ritrovarti questo in mezzo al petto.
La donna rimase immobile e in quel momento la ragazza entrò.
-Va tutto bene?
La donna annuì in silenzio. Un silenzio strano. Un silenzio che non era un silenzio.
-C'è qualcuno qui. Lo so. Fatti vedere-disse girandosi lentamente.
-Dimmi chi sei e cosa vuoi-aggiunse.
-Sono solo il vento.
-Essere il vento è essere libertà. Cosa ci fai qui?
-Il mio lavoro...vendicarmi.
-Faresti bene ad andare via.
-Perché dovrei, mi diverto così tanto. Hai paura?
-Perché dovrei averne...
La pallida luce della luna illuminava una parte del suo viso, risaltando ogni particolare della sua bellezza. Anche Leon lo aveva notato e quel pensiero di prima si rifece vivo: non voleva ucciderla.
-Ci rivedremo-disse e poi sparì, nel dolce vento della notte.

Qualcosa l'aveva fermato. Qualcosa gli aveva impedito di uccidere Kassandra prima che arrivasse la guardia. Guardò ancora il mare. Si alzò dalla roccia sul quale era salito, prese una pietra e la scagliò con forza tra la spuma delle onde. La sua mente era pervasa dal dubbio e dentro di lui era come se un'antica ferita fosse riemersa. Guardò il cielo: le stelle erano ancora lì a illuminare il cielo, ma lì, all'orizzonte, i primi raggi di sole si cominciarono a intravedere. Le nuvole cominciarono a colorarsi fi rosa e poi di arancione. L'albe stava piano piano avanzando. Possibile che fosse ancora innamorato di lei? Possibile che dopo tutti quegli anni il suo ricordo non se ne fosse andato ancora?
Si rimise le scarpe e si avviò verso casa. Rina era ancora nel letto. Fece attenzione a non fare rumore, si svestì e si rimise al suo fianco. Non riuscì ad addormentarsi. Continuò a girarsi e a rigirarsi fino a quando decise: sarebbe andato da lei e avrebbe chiarito. Sì, avrebbe chiarito.

Intanto lei era tornata nalla stanza di sotto e aveva di nuovo preso posto sulla poltrona vicino alla finestra. Guardava fuori, verso il mare. Non aveva visto il volto di chi era entrato quella notte, ma la sua voce era così familiare da farle credere di averla sentita molte altre volte.
Erano passati molti anni da quando se ne era andata da quel luogo per seguire il fratello e ricominciare una nuova vita. Quando quest'ultimo perse la vita, Selen venne riportata indietro e ricominciò a lavorare per chi aveva cresciuto lei e suo fratello. Credeva fosse la cosa più giusta per ripagare. Suo fratello non le aveva lasciato nulla per vivere, se ne era andato via troppo presto, troppo velocemente. Lei era rimasta sola.
Lasciò scivolare i suoi pensieri sul passato. Correvano, volavano ricordi su ricordi, pensieri su pensieri. Alla fine arrivarono a lui. Lui. No, purtroppo non aveva tempo: non si può morire per il passato.

Leon decise che quello sarebbe stato il giorno. Aprì l'armadio. Stette lì davanti, fisso, a guardare cosa avrebbe potuto mettersi per andare da lei. Alla fine decise: un abito nero molto elegante, uno di quelli che di solito si mettono nelle occasioni importanti, e un cappello.
Si vestì e uscì di casa. Attraversò tutto il paese,e, dopo una buona mezz'ora, si trovò davanti ad un negozio. Guardò l'insegna "Femme Fatale". Non era cambiata proprio per niente. Stette un attimo fuori e guardò dentro attraverso la vetrina: Kassandra era intenta a servire un cliente. Era ancora più bella vista alla luce del sole. Aveva ancora i capelli lunghi neri e gli occhi castani non avevano perso il loro fascino nonstante alcuni anni fossero passati. Decise infine di entrare.
La ragazza alzò gli occhi dal registratore di cassa per accogliere il nuovo cliente, quando si accorse di chi avesse davanti a lei.
Leon parlò- Kassandra....
-Cosa ci fai qui??- rispose lei con un sottile filo di voce...

- Devo chiarire con te, non posso più resistere con un peso simile
- Non ora, ci vediamo a casa mia alle tre, casa mia è vicino al mare, in via...
- So dove abiti, so più di quanto tu pensi...- rispose senza lasciarle il tempo di finire la frase e uscì dal negozio non lasciandole tempo per altro che non di stupirsi
- Signora, vorrei chiederle una crema speciale al triplo strato di muffa alle alghe spinose della palude di mangalù, grazie- fece una vecchina alla giovane, rimasta a bocca aperta
Visto che Kassandra non dava segni di vita riprese: - Signorina, si sente bene?
Kassandra che neppure l'aveva sentita rimase tra le nuvole
- Chiamo un ambulanza?
Vedendo che non diceva niente le salì su di un piede con i tacchi, per vedere se reagiva
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- urlò la povera giovane, che si girò e finalmente vide la cliente
- Cominciavo a preoccuparmi che fosse andata in coma, sa mia cugina ha sentito dal panettiere, che l'aveva saputo a sua volta da un amico americano, che l'aveva letto su qualche rivista, che una persona su un miliardo va in coma a causa dello stress da lavoro...
La vecchina continuò per un po' fino a che la coda di persone dietro non si spazientì e cominciò a metterle fretta.
- Grazie e arrivederci- disse la vecchietta pestifera uscendo

Intanto Leon...

...stava tornando alla sua occupazione. Come tutti i giorni sarebbe rimasto in giro senza una meta precisa, andando però alle due al poligono di tiro per tenersi in costante allenamento. La sua Rina non ne sapeva niente. Era all'oscuro di tutto. Credeva che ormai lui fosse diventato un uomo dabbene, un uomo come tutti gli altri, un uomo che lavorava in ufficio. Non sospettava minimamente che Leon non fosse altro che un bugiardo e un buonannulla. Leon continuò la sua passeggiata. Guardò l'orologio: era già ora di pranzo. Cambiò strada e si diresse alla locanda dove ormai mangiava ogni giorno. Aprì la porta, salutò i padroni e si sedette al suo solito tavolo. Un gradevole odore proveniva dalla cucina: anche Kassandra era una buona cuoca. Un unico pensiero era ora nella sua testa: cosa avrebbe detto e, soprattutto, cosa avrebbe fatto una volta andato all'appuntamento, se così si può chiamare, con Kassandra? Un cameriere gli portò da mengiare, lo ringraziò e gli diede una mancia. Ci avrebbe pensato a tempo debito.

Il pranzo era ottimo e questo lo mise di buon umore, non era niente quello che doveva fare poi in fondo, doveva solo dire a Kassandra di essere stato lui la causa della morte del fratello, era per quello che, per mettersi in pace la coscienza, affogava con l'omicidio la disperazione. Ora si era calmato, non aveva più bisogno di uccidere Kassandra, era inutile, la fiamma in lui era ricomparsa più forte di prima. Si diresse verso l'abitazione di Kassandra, lentamente, perchè aveva molto tempo, era in anticipo di un ora e mezza. Si godette per bene il panorama, si fece una passeggiata sulla spiaggia e si sedette sulla sabbia a pensare, poi andò diretto verso l'abitazione di Kassandra.

Arrivò finalmente davanti alla casa della ragazza. Alla luce del sole appariva in tutta la sua bellezza: un tozzo edificio in stile vittoriano, dalle forme armoniche, con grandi finestre nel centro ed un'entrata maestosa arricchita da colonne di marmo. Si fermò un attimo lì davanti. Un ricordo si fece largo nella sua mente: gente che andava e veniva da quella casa, grandi feste organizzate, la bellezza di Kassandra, il momento più felice della sua esistenza. Ora era cambiato tutto. Si fece un pò di coraggio e suonò il campanello. Stette lì fuori un attimo in attesa,ma quando gli fu aperta la porta, credette di avere una visione: Kassandra aveva messo l'abito con cui avevano annuciato il loro fidanzamento parecchi anni prima. Rimase a occhi aperti. Kassandra gli afferrò la meno e lo portò in un piccolo salotto. I divani erano antichi, rivestiti di stoffe verdi, un tavolo di vatro era davanti a questi e, alla destra della porta, un pendolo scandiva l'ora. Si sedettero l'uno di fronte all'altra e stettero lì, qualche minuto a fissarsi.

Fine quindicesima parte

- allora cosa mi volevi dire?
- sono stato io ad introdurmi in casa tua l'altra notte
- E perchè mi volevi morta?
- Perchè eri testimone del mio fallimento totale, ricordi, fu un fallimento la mia vita, allora decisi di dover uccidire tutti i testimoni del mio passato per crearmi una nuova vita, tu eri l'ultima che dovevi morire, ma l'altra sera la fiamma è riaccesa in me...
- Cosa? Sei già impegnato! Non sono mica una di quelle che si vendono sui marciapiedi!
- Non ho detto questo, tu mi fraintendi
- E allora cosa vuoi fare?
- Non lo so, speravo di cavare qualcosa da questa visita...
- E te lo devo dire io cosa devi fare?
- Non dico questo, speravo che insieme avremmo trovato una soluzione...
- Sei così tonto che non hai calcolato l'ipotesi che io non ti voglia!

Il silenzio scese nella stanza. In effetti non aveva neanche preso minimamente in considerazione quell'ipotesi. E se davvero lei non lo volesse? e se lei fosse già impegnata? Doveva sapere. Voleva sapere. Dall'altra notte non aveva fatto altro che pensare a lei. Alla sua vista sdraiata nel letto, un antico sentimento era risalito in superficie e aveva demolito tutto ciò che fino allora aveva creato e aveva creduto. Non si sarebbe arreso. Non se ne sarebbe andato di lì, non con una qualsiasi risposta. Parlò:
-Dunque tu non mi vuoi?
-Non credo
-Perché mi hai invitato qui allora?
-Perché la tua visita mi ha sorpresa, avevo voglia di sapere cosa ti avesse spinto prima a casa mia e poi al mio negozio...
-Non è vero. Sei contenta di vedermi. Te lo leggo negli occhi. Non cercare di prendermi in giro.
-Ti ho detto la verità...
-Una scintilla l'altra notte si è accesa in me dopo averti vista, non credo sia successo solo a me..
-Ammetto che ti ho pensato, ma solo per capire cosa ti avesse spinto qui.
Leon si alzò e uscì d'impulso dalla stanza. Aprì la porta di casa, si mise il cappotto e se ne andò. Se ne stava andando, ma non si sarebbe arreso così senza lottare.

Come poteva avere risposte più precise? lei non diceva niente che non potesse essere inteso in meno di 100000 modi differenti, cosa vuolke da lui? lo chiama, poi lo vuole, poi non più, poi finge e non si capisce niente. pensò tutto il giorno alle poche parole enigmatiche ricevute e cercò di ricavarne qualcosa , ma era come trovare un ago in un pagliaio: quasi impossibile! Poteva intendere che lo volesse e non volesse darsi così subito, farsi desiderare, ma se lui insisteva ed invece era il contrario... Un pasticcio!!!!