Storia numero 2. Ambientazione: terra fantasy ignota

La freccia si conficcò nell'albero a due centimetri dal braccio di Durlinghor che tirò un sospiro di sollievo.
-Dovevi proprio allenarti a tirare mentre passavo io?-disse Durlinghor rivolto ad un ragazzino che impallidì e si scusò con Durlinghor.

- Mi...Mi dispiace! - balbettò il ragazzino.
Durlinghor scosse la testa guardandolo recuperare la freccia dal tronco. Poi sorrise, scompigliandogli i capelli.
- Tranquillo, fratellino. Cerca solo di non ammazzare nessuno.
- O...okay! - rispose Welf annuendo freneticamente.
In quel momento, dei passi alle loro spalle interruppero il silenzio del bosco. Durlinghor si voltò di scatto sguainando la spada.
Quando vide chi li stava raggiungendo, quasi si dispiacque di non aver bisogno di usarla.
- Durlinghor! - urlò la ragazza con quanto fiato aveva in gola, dirigendosi a passo di marcia verso di lui.
- Elyanor. - sospirò il giovane - Cosa ci fai qui?
- Cosa ci faccio qui?! - esclamò sua cugina agitando le braccia - Hai anche il coraggio di chiederemelo?

- Cosa è successo? Ti vedo sconvolta.
- Il..il tuo "amico" mi è venuto a prendere bruscamente a casa, cos'è questa storia?
- Che mio amico?
- Mi è venuto a prendere per tuo volere, quasi pensavo mi volessero rapire!
Durlinghor cercava di raccapezzarsi nel racconto della cugina, ma non ne traeva nulla di buono
- E cosa gli hai detto? ora dov'é?- disse cercando di capirci qualcosa
- Gli ho detto che sarei potuta venire da te da sola e lui ha annuito e se ne è andato
- Sei matta?!? Sarà stata di sicuro una spia che voleva rintracciarmi!
Quasi a conferma delle parole di Durlinghor diverse frecce sibilarono nell'aria in direzione dei tre
- Maledizione! - si lasciò scappare Durlinghor

-Mi dispiace...
-Adesso non c'è tempo per le scuse. Inizia a correre! Elyanor...ti affido la vita di mio fratello.
Lei annuì e corse via tendo stretto Welf. Durlinghor tese le orecchie per sentire l'avvicinarsi dei nemici.
-Ci siamo-disse. Poi lanciò sei frecce.
Non ci fu più alcun rumore.

Elyanor si fermò dopo una lunga corsa, sicura di essere in salvo, e si sedette su una pietra con Welf sulle sue gambe.
- Speriamo che sia andato tutto bene- gli disse
- Non preoccuparti: il mio fratellone non si fa battere da alcune stupide guardie
- Speriamo...- disse poco convinta Elyanor, quando dal boschetto alle loro spalle spuntò la testa di un altro soldato.
- Attenta!- disse Welf, che aveva l'orecchio più fino di suo fratello.
Elyanor si spostò giusto in tempo e la freccia lanciata dal soldato la ferì solo di striscio, alla spalla.
Welf si alzò da terra, dove si era buttato per salvarsi, e sfoderò il suo pugnale. In quattro balzi fu davanti all'aggressore e impegnò una lotta furibonda contro di lui.

Durlinghor correva contro il vento per poter arrivare al più presto dai suoi amici. Non credeva che avessero percorso così tanta strada.
Il piccolo Welf continuava a lottare con tutta la forza che aveva.
-NO! LASCIALO STUPIDA GUARDIA!- gridava Elyanor colpendo la guardia con un bastone.
A causa della sua spalla non ebbe più la forza di colpire e subito la guardia ne approfittò per sbatterla a terra.
-No-disse Welf-non si tratta così una signora!!!
E lanciò un grido prima di tuffarsi sul nemico. La gurdia barcollò un pò, ma poi si lanciò a sua volta contro il ragazzino che dopo una dura difesa perse il pugnale. Cadde a terra e continuò a difendersi con tutta la forza che aveva, ma ormai era esausto. Si lasciò cadere sul prato.
Un urlo si levò da Elyanor. Poi solo un leggero spostamento d'aria.
Welf aprì gli occhi. Suo fratello lo guardava sorridendo.
-Diventerai un grande uomo fratellino.
La gurdia era a terra con dietro la schiena una freccia color smeraldo. Durlinghor lo aveva salvato ancora.

Durlinghor si voltò verso i compagni - State bene?
Welf annuì. Elyanor lo raggiunse a grandi passi e, ignorando il dolore alla spalla, prese a tirargli pugni sul petto.
- Idiota! - urlò - Perché non mi hai detto che le guardie ti stavano cercando? Avrei potuto aiutarti! Sarei stata più attenta! Avrei...
Ma Durlinghor la bloccò afferandola per le braccia - Elyanor, sei ferita!
- Certo che lo sono! Ed è grazie a te, razza di stupido! Se solo mi avessi detto la verità, ora...
- Ora saresti ancora in paese a conversare amichevolmente con delle guardie armate, giusto? - commentò lui chinandosi per esaminare la ferita, ma la ragazza si allontanò di colpo.
- Senti, che tu sia una testa calda può anche andarmi bene. Non vuoi parlare di quello che ti succede? D'accordo, della tua vita fai quello che ti pare. Ma non ti permetto di giocare con la mia, né con quella di tuo fratello!
Prima che Durlinghor potesse ribattere, si era girata di spalle e aveva preso Welf per mano.
- Andiamo, Welf. Ne ho abbastanza, per oggi.
- Aspetta! - urlò Durlinghor, ma lei e il ragazzino erano già scomparsi tra gli alberi.

Durlinghor si sedette a ragionare e pensò che in fondo era stato troppo duro con lei, dopotutto aveva rischiato la morte per lui...
Così si recò da un negoziante di fiducia per comprare una sorpresa a tutti e due e il giorno dopo si presentò alla loro porta.
-C'é nessuno?
-Non ti voglio vedere!-rispose Elyanor dall'interno, ma quando sentì un odorino squisito spandersi per la casa si ricredette ed andò ad aprire a Durlinghor
-Naturalmente scherzavo...- disse
-Immaginavo, tieni queste frittelle sono per te, appena sfornate, le puoi mangiare tutte!
- tutte? oh grazie e scusa per ieri...
- già tutto dimenticato... e per te, piccoletto, cinque frittelle e una faretra piena di frecce verdi e blu!
- oh ti adoro fratellone!
- ma entra Durlinghor, che dentro si sta meglio...

Durlinghor accettò volentieri.
Poiché, per motivi di cui aveva sempre evitato di parlare, era spesso lontano da casa, aveva da tempo chiesto ad Elyanor di occuparsi del fratello in sua assenza. Ed ora, ogni volta che ritornava al suo paese natale, non poteva che rattristarsi vedendo quanto Welf e la cugina si fossero avvicinati tra loro, allontanandosi però inesorabilmente da lui.
Li guardò gettarsi ridendo sulle frittelle ancora calde e non poté trattenere un sospiro.
Welf avrebbe compiuto entro poco dodici anni, e nonostante tutto era ancora un ragazzino. Elyanor al contrario, era cresciuta troppo in fretta. Durlinghor sapeva che era in parte colpa sua, e che difficilmente sarebbe riuscito a perdonarsi.
- Quella era mia!
- Hai detto giusto, ragazzino! Era! - rise Elyanor azzannando una frittella destinata al ragazzino, mentre entrambi cadevano a terra e incominciavano a rotolarsi sul tappeto, fingendo di litigare.
Durlinghor li guardò qualche istante con un sorriso, poi, sentendosi un intruso in quella casa che ormai non gli apparteneva più, prese la porta e uscì nella fresca mattinata autunnale.

Camminava per i prati verdi e d'orati pensando se ciò che faceva era sbagliato o meno. Ricordava le parole di suo padre che gli ribadiva sempre di credere nella giustizia e di lottare per ciò che si crede, ma ora come ora, pensava se fosse meglio non fare niente per vivere tranquillamente.
Il tempo stava cambiando, come il suo animo, a quando la prima goccia di pioggia toccò il suo viso, il suo cuore pianse come il cielo. Non sapeva cosa era giusto fare e soprattutto perchè. Se avesse rinunciato alla sua lotta avrebbe vissuto nella tranquillità di un mondo perso nel male. No, non potevarinunciare.
Si inginocchio di fronte a una roccia e aprì gli occhi verso l'alto, contro le gocce argentee.
-Nessuno, nemmeno il cielo dovrà più piangere. Dovrà solo rendere fertile questa bella terra. Io, Durlinghor, giuro sulla tomba di mio padre che questo mondo vivrà nella giustizia e lealtà...
E baciò la lapide prima di incamminarsi di nuovo.
Nella sua mente mille pensieri e il primo fu che capì di non poter fare tutto da solo: aceca bisogno di alcuni fedeli cimpagni, e mentre il cielo già si schiariva, un aquila volava sopra di lui, come guida o segno di una nuova era.

Elyanor impiegò qualche minuto a rendersi conto che la porta era aperta e il cugino sparito. Si rialzò scuotendo la polvere dal vestito e andò sull'uscio per vedere se il giovane era ancora nei paraggi, ma non vide nessuno. Sentì di colpo una fitta alla spalla: giocando con Welf non si era accorta che la ferita del giorno prima si era riaperta, macchiandole di sangue la manica del vestito.
Andò nella sua stanza a medicarsi. Welf la raggiunse mentre cercava un vestito di ricambio.
- Tutto bene?
- Non proprio.
- Dov'è Durlinghor?
- Non lo so. Probabilmente se n'è andato di nuovo a combinare qualcosa di cui poi prontamente chiederà scusa, prima di sparire ancora. Sono anni che fa così.
Welf abbassò la testa. - Credi che sia in qualche modo colpa nostra?
- No. Noi nella sua vita siamo solo un malinconico intermezzo e a volte una seccatura, ma non siamo la causa di tutto quello che gli succede.
- E allora qual'è la causa?
La ragazza si voltò a guardare dalla finestra il cielo coperto di nubi. - Suo padre.
- Suo...padre? - Welf e Durlinghor erano fratelli soltanto da parte di madre. Welf era cresciuto con entrambi i genitori, ma non ricordava di aver mai conosciuto il vero padre di Durlinghor.
- Già. - annuì la cugina - Prima ancora che tu nascessi, suo padre strappò a Durlinghor un giuramento. Da allora la sua vita non è più stata la stessa.

Arrivò l'inverno e Durlinghor non era più stato visto da quelle parti, Welf e Elyanor temevano si fosse cacciato in qualche altro guaio e i loro sospetti si rivelarono fondati quando ricevettero una lettera che annunciava loro la sua cattura da parte delle guardie del governatore. Erano convocati a palazzo la settimana seguente e allora prepararono i bagagli e partirono.

Durlinghor era seduto nella cella a guardare fuori il cielo che si stava lentamente illuminando.
All'improvviso gli prese una fitta allo stomaco: oggi era il compleanno di Mieluna, l'amore della sua vita, l'unica ragione della sua vita. Si eano dovuti lasciare quando Derek, il principe, aveva deciso di volerla in sposa e l'aveva portata con se non si sa in quale luogo.
Durlinghor non vedeva la ragazza da tempo ormai ed era fermamente convinte che lei lo avesse dimenticato. Almeno così lasciava intendere.
In fondo al suo cuore sperava che lei continuasse ad amarlo per sempre e che il Principe Derek non l'avesse portata lontano dal Paese.

Si concesse ancora qualche istante per lasciare scorrere i ricordi, poi distolse lo sguardo dall'alba che stava per nascere.
Si alzò dal freddo pavimento di pietra e prese a camminare lentamente per la piccola stanzetta, riflettendo.
Ci deve pur essere un modo per uscire di qui... si disse. Scoraggiato, valutò le possibilità, praticamente nulle, di uscire dalla finestra. Stava già pensando se fosse il caso di demolire la porta, quando sentì dei rumori di passi provenire dall'esterno della cella.

I passi non si dirigevano verso la sua porta e svanirono rapidemente. Allora cominciò a progettare la fuga, calcolò i turni di guardia e i loro cambi, verificò la tenuta della porta e si fece una spada con una gamba del letto appositamente affilata. Il momento giusto arrivò e sfondò la porta e ammazzò le guardie, cambiando i vestiti ad una, si travestì e fuggì portandosi dietro il cadavere, che gettò fuori dalla prigione e accorse con le altre guardie per formare la spedizione in ricerca del fuggitivo. Uscì fuori con gli altri e, recatosi da solo dove c'era il cadavere della guardia, la fece a pezzi fino a che non fosse più riconoscibile e urlò:
- ho ucciso il fuggitivo!
Tutti accorsero e non poterono che constatare la morte dell'evaso.
Durlinghor rimase tra le guardie, sapendo che Elyanor e Welf sarebbero arrivati tra qualche giorno. Infatti dopo tre giorni arrivarono e venne loro riferito della sua morte. Piansero molto, ma lui si fece riconoscere di nascosto e il giorno dopo scappò, andandosene con loro.
Arrivarono senza problemi lontano dalla prigione e tutti e tre scoppiarono a ridere pensando alla figura che avevano fatto le guardie, che avevano vissuto tre giorni con l'evaso senza accorgersene.

- Non fare mai più una cosa del genere! - esclamò Elyanor riprendendo fiato - Non hai idea di quanto eravamo preoccupati.
Welf annuì. - Perché ti avevano portato in quella prigione?
Durlinghor scosse la testa- Non ne ho idea.
Elyanor sbuffò. - Potresti almeno inventare qualche bugia nuova, di tanto in tanto.
- Guarda che è la verità. - ribatté Durlinghor evitando di guardarla negli occhi.
- Come no. Forza, torniamo a casa. - disse alzandosi dal masso su cui era seduta - Ho voglia di dormire in un letto decente al più presto.
- Non posso tornare in paese con voi. Vi metterei in pericolo.
- Perché, fino adesso? - rise sua cugina - Ti terrò d'occhio, Durlinghor, almeno finché non mi darai un buon motivo di credere che quello che dici sia vero.
Durlinghor evitò di risponderle allontanadosi per rubare due cavalli. Poi montarono in sella, lui e Welf su uno, Elyanor sull'altro, e si lanciarono al galoppo sulla strada di casa.

Nel frattempo, seduto su un possente trono di marmo rosso di Verrona, illuminato dalla debole luce del sole mattutino che filtrava dalle lunghe finestre, il principe Derek osservava con disprezzo una guardia, inchinata ai suoi piedi.
-Oh... maestosità.... chiedo perdono-. Lo supplicò.
Derek storse la bocca. -Le tue scuse non posso far altro che darle ai cani, io voglio il ragazzo!-.
La guardia si avvicinò. -Voglio un'altra possibilità maestà, questa volta non fallirò... lo giuro... ma vi prego, vi prego!-.
-La tua freccia ha mancato il cuore del ragazzo, e io lo voglio morto-. Proseguì impassibile. -Non hai completato la tua missione, il tuo compito...-.
L'arciere gemette.
-Non hai eseguito i compiti a te assegnati. Quel ragazzo è speciale, non lo capisci?! E io voglio il suo corpo che sia vivo o morto! Sarai punito per questo lo sai vero?-. La guardia implorò il suo signor ma questi lo fece trascinare via e fu rinchiuso, aspettando la sua condanna, in un'umida cella della rocca.
-Durlinghor... sarai mio... che tu lo voglio o no-. Pensò, sistemandosi meglio sul trono, e assaporando già il momento della vittoria.

Durlinghor fece fermare il cavallo di colpo.
-Non siamo più al sicuro, presenze oscure galleggiano nell'aria, andate a casa, nascondetevi! prima che il peggio arrivi!-.
Un flusso gli attraversò il corpo ed ebbe l'orribile visione di un uomo, di straordinaria bellezza, dai capelli rossi come fragole mature, la forza che fuoriusciva dai pori e gli occhi assetati di fama e gloria.

Il sole si levò più in alto che mai su tutto il paese. La giornata si prometteva bella e in cielo nessuna nuvola osava passare. Nella bianca torre del palezzo reale le finestre erano ancora chiuse e Mieluna dormiva tranquillamente, sebbene dovesse essere sveglia già da un pò. Per la stanza, sparsi sul pavimento, foglio bianchi oppure scritti con dell'inchiostro che dava segni di aver ricevuto la visita di qualche lacrima. Un piccolo movimento del viso e la giovane ragazza aprì gli occhi...appena in tempo. Qualcuno bussò alla porta.
-Mieluna! Mieluna, siete sveglia?!
La ragazza si alzò subito per prendere la vestaglia.
-Mieluna!! Siete presentabile?
-Si...si!! Entrate pure...
Dalla porta entro una signora di media statura che guardò la giovinetta con un gran sorriso.
-In veste da camera a quest'ora,eh? Oggi è una splendida giornata...
-Ero molto stanca...
-Oh, immagino. Su, cambiatevi che vi porto a fare una passeggiata. Non potete stare sempre nei confini del castello.

Mieluna era cresciuta, a fianco del principe, si era fatta donna. Una donna crudele e malvagia che serviva il marito. Una donna alta e magra. Una donna che era intenzionata a seguire il piano del marito, un piano anch'esso crudele e malvagio.
Mielune, vestita di un semplice vestito di lino grezzo, passeggiava con la giovinetta. Emanava un'aria innocente di pura semplicità e armonia, ma in molti, a corte sapevano che non erano così.
-Come stanno andando i preparativi?-. Chiese, lisciandosi i vestiti.
-Vostro marito a deciso di mandare due dei suoi migliori combattenti, signora-. La informo la giovinetta.

intanto al galoppo nella foresta selvaggia Durlinghor...

stava tornando nella sua dimora, una grotta, che avrebbe utilizzato fino a quando non avrebbe avuto l'appoggio di un regno vicino o fino a che non avesse trovato un altro posto dove poteva non sentirsi in pericolo. Non disse nemmeno a Elyanor e a Welf dov'era locata la grotta per non farli rischiare come l'ultima volta, in caso di pericolo li avrebbe contattati lui...
Arrivato alla grotta pensò di scrivere una lettera al re del regno dei Monghyll, una popolazione umana che vive in pace ed armonia con l'ambiente, alcuni dicono che siano addirittura magici, ma Durlinghor era un po' Tommaso e alla magia non credeva fino a che non la vedeva e toccava. Ci impiegò tutto il pomeriggio per farne una copia decente e la mattina dopo si recò alla città più vicina per imbucarla al servizio clandestino di posta, costa di più, ma non è intercettato dallo stato...

con grande piacere di Durlinghor. La posta clandestina ormai unico mezzo di comunicazione, sicuro, veloce e (decisamente) illegale. Non che questo fosse un male, ormai il giovane conosceva affondo questa parte della sua vita: l'illegalità.
Tornò alla grotta, di corsa. Il cavallo che aveva lasciato all'ingresso della spelonca, mangiava l'erba tranquillo, dal manto marrone. Era un bel cavallo e fu contento di averlo rubato (illegalità), perché aveva possenti muscoli e doveva essere uno stallone molto ben addestrato.
Lo accarezzò dolcemente e poi si sedette su un masso di fianco a lui.
Finalmente avrebbe potuto concedersi qualche momento di relax, mentre aspettava la risposta dei Monghyll. La tensione scese e finalmente cadde in uno stato profondo di ozio.
In quei pochi giorni si sarebbe allenato alla spada, avrebbe comprato dei vestiti nuovi e si sarebbe aggiornato.
Con questi pensieri si addormentò, vicino al cavallo, all'entrata della caverna e con un vento leggero che gli alzava i ricci dorati.

Si svegliò e pensò di allenarsi un po' con la spada, entrò nella grotta e la prese, poi uscì e fingendo di conbattere contro un nemico si accanì contro un albero. Non fu certamente la stessa cosa, ma in mancanza di qualcuno con cui allenarsi non disdegnava neanche un albero. I giorni passarono tranquilli e Durlinghor aspettava con ansia la risposta dei Monghyll e quando un giorno andò in città e seppe di aver ricevuto un messaggio se lo fece dare e tornò subito alla sua grotta. Si sedette e aprì la busta, togliendo il sigillo che era stato messo dal re dei Monghyll in persona. Lesse tuuto d'un fiato la lettera e seppe che i Monghyll era intenzionati a far guerra, ma non immediatamente, si sarebbero preparati lentamente e chiedevano la sua presenza nel loro regno, quindi Durlinghor prese le sue cose e salì a cavallo per comunicare la notizia a Elyanor e Welf.